Dire la sindrome da ineffabilità: la poesia di Luciano Cecchinel (II)

Giampietro FattorelloASC9, Studi & ricercheLascia un commento

Abstract

La genesi della poesia di Luciano Cecchinel è nella fine traumatica della civiltà contadina di Revine-Lago, nella Vallata prealpina dell’Alto Trevigiano, ove è nato nel 1947. L’evento, causato dalla modernità industriale, ha indotto l’autore a trasfigurare in versi quella indicibile poesia che, prima della mortale lesione, percepiva nel paesaggio primigenio. Di qui la costante della sua “azione poetica”: dire la sindrome da ineffabilità. Un dire, nutrito di pietas per il “mondo di prima” e reso necessario da uno stato di inquietudine. Una parola affidatasi dapprima alla lingua veneta alto-trevigiana, la sola capace di “salvare” il proprio mondo in estinzione, poi all’italiana e all’inglese. Un idioma sempre bruciante e febbrile, anche quando segue negli Stati Uniti la traccia della madre del poeta, si fa canto etico della Resistenza e della guerra civile, parla lucidamente della condizione depressiva e diviene compianto per la prematura e inaccettabile morte della figlia Silvia, ferita inguaribile che ha segnato anche la moglie Danila e la secondogenita Chiara.

The genesis of Luciano Cecchinel’s poetry lies in the traumatic end of the peasant civilization of Revine-Lago, a town situated in the Pre-Alpine area known as the ‘Vallata’, in the upper part of the province of Treviso, where he was born in 1947. This event, a result of industrial modernity, led to the author transfiguring into verses that unspeakable poetry which, before suffering a fatal injury, he had perceived in the primitive landscape. Hence the constant of his “poetic action”: to say the syndrome of ineffability. A saying that was nourished by pietas for the “previous world” and that was made necessary by a state of restlessness. A word first entrusted to the Venetian Upper-Treviso language ‒ the only tongue capable of “saving” its own endangered world ‒ followed by Italian and then English. An inextinguishable and feverish idiom, even when following the tracks of the poet’s mother in the United States, becomes an ethical song of the Resistance and of the civil war, speaking lucidly of the affliction of depression and becoming a lament for the premature and insurmountable death of his daughter Silvia, an incurable wound that also scarred his wife Danila and his second child Chiara.

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Giampietro Fattorello

Giampietro Fattorello è nato nel 1962 a Ponte di Piave (Treviso), ove risiede. Laureato in Filosofia con Giovanni Romano Bacchin presso l’Uni­versità di Padova nel 1987 con una tesi sul Sapere del principio nel pensiero di Marino Gentile, insegna Materie letterarie nel Liceo scientifico. Per la Casa di Cultura Goffredo Parise di Ponte di Piave ha allestito due eventi tratti da I movimenti remoti (2013) e Arsenico (2014). Curatore de L’opera poetica di Arturo Benvenuti (Padova, BeccoGiallo 2014), è autore del saggio K.Z.: a futura memoria, accolto in Arturo Benvenuti, K.Z.. Disegni dai campi di concentramento nazifascisti (Padova, BeccoGiallo 2015). Nel 2017 per Samuele Editore di Fanna (Pordenone) ha pubblicato La Pietra d’Angolo. Versi per Arturo Benvenuti (2017). Pratica un’attività letteraria che si colloca in un’area di intersezione tra riflessione critica e letteratura, pensiero filosofico e poesia.

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